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Sudan – Deep South

Questo brano è tratto dal libro fotografico di Andrea Muratore, Vento d’Africa, che trovi (e puoi acquistare) qui. Andrea ha gentilmente concesso l’autorizzazione a pubblicare il brano per i nostri ospiti.

Dov’è il sud, dove inizia, quali sono i confini ? non è un luogo geografico ma uno stato d’animo, una ricerca e un viaggio intimo che può portare a una facile soluzione o a un pellegrinaggio senza meta né fine

la chiave di lettura è nascosta dentro ciascuno di noi, basta volerla cercare; una volta trovata si schiuderanno gli orizzonti australi per accoglierci nel loro soffocante abbraccio

Come sempre raggiungere Port Sudan si rivela un’avventura, lo scalo al Cairo rischia di trasformarsi nella meta finale e i fondali sudanesi, una chimera irraggiungibile (*). Uno stop di otto ore mi permetterebbe di raggiungere piazza Tahrir per assorbire un pò l’atmosfera dei luoghi eroici della primavera araba, ma nessun tassista è disposto ad accompagnarmi in centro, troppo pericoloso. Rimango in hotel, frustrato e annoiato, alla televisione passano le immagini dei nuovi o vecchi disordini, sassi e lacrimogeni, uomini e carri armati. Siamo fortunati, oggi Sudan Airways ha solo sei ore di ritardo (*) e quando ci ritroviamo nella sala arrivi di Port Sudan, ci mescoliamo alla solita folla di pellegrini in rientro da La Mecca, uomini d’affari di Khartoum e sub. Ottenere il visto d’ingresso sembra quasi impossibile, poi finalmente ci ritroviamo fuori, l’aria che entra in gola ha il sapore del sole, della sabbia e del sale.

Il calore e l’umidità sono quasi palpabili, fisici.

Fortunatamente Lorenzo, il capitano della Don Questo, ci sta aspettando con i motori accesi (…); appena poso il piede sul ponte molliamo gli ormeggi e salpiamo verso sud.

Dopo poche miglia di navigazione iniziano le sfumature, le carte geografiche e le mappe nautiche sono approssimative, i reef spesso non sono segnalati o la loro collocazione differisce dalla reale posizione, la nostra meta è la zona di confine con l’Eritrea, ma questa linea politica è effimera a terra, figuriamoci in mare.

Mentre il monotono sciabordio delle onde contro le fiancate incanta col suo ritmo monocorde, mi accorgo finalmente della bellezza di questo mondo blu, un mondo blu sfumato e diviso tra verticale e orizzontale, una linea spesso invisibile separa il cielo dalle profondità marine, dalle stelle ai coralli, passando e scivolando tra mille variazioni dello stesso tema, il blu.

Aria, acqua e terra si mescolano in un grigiore diffuso che non svela i propri limiti, il sole abbacinante riverbera senza pietà, raggi dorati penetrano l’acqua sprofondando verso fondali irraggiungibili.

Blu è un colore di confine, Sud è un concetto di confine, chimere difficili da raggiungere in un mondo dove verticale e orizzontale si mescolano e confondono continuamente.

Le condizioni del meteo sono particolarmente favorevoli, l’assenza totale di onde e correnti superficiali ci consente di rimanere alla cappa per alcuni giorni. La nostra imbarcazione si trasforma quindi in isola, in un tratto di mare dove le terre emerse sono quasi inesistenti, atollo artificiale che da ristoro a stormi di sule, gabbiani, rondini in migrazione e falchi in attesa.

Sotto il pelo dell’acqua, banchi di pesci si rifugiano al riparo dello scafo d’acciaio per scampare all’assalto dei predatori.

La Natura mette in scena lo spettacolo della catena alimentare, nel blu verticale, in cielo gli uccelli a caccia dei pesci, in mare i pesci a caccia tra di loro, il più forte, il più grande, il più veloce e feroce vince, i deboli soccombono, vengono mangiati o tentano una fuga disperata.

Nel blu orizzontale emerge una forma lontana, indistinta. Si avvicina lentamente, una piccola imbarcazione, pirati o pescatori? Il confine non dovrebbe essere troppo lontano, vedetta eritrea o yemeniti a caccia di squali? Fortunatamente si tratta di un barchino sudanese, a bordo quattro ragazzi che accostano al reef dove siamo ormeggiati. Offriamo loro un pò di acqua fresca e frutta, ricambiano con una cernia appena pescata. Il più anziano srotola il tappeto da preghiera e si rivolge a est mentre gli altri continuano a gettare le lenze nel mare. Il pesce issato a bordo viene stivato tra sacchi di iuta, ghiaccio tritato e segatura, tre giorni d’autonomia per poi rientrare in porto diretti al mercato.

Nel blu verticale subacqueo scivolo lentamente lungo una parete interamente ricoperta di coralli molli e duri, cristallo liquido trasparente che mi avvolge voluttuosamente in un caleidoscopio di colori.

Assisto per la prima volta al rumoroso scontro tra titani, maschi di pesci pappagallo rinoceronte si sfidano per il possesso delle femmine e il dominio del territorio: come duellanti medievali partono da posizioni opposte e si scontrano, le spesse placche frontali cozzano e BUM, il perdente lascia il posto a un nuovo sfidante e BUM, il gioco si ripete, BUM BUM BUM.

Nel blu orizzontale accostiamo a una delle rare isole presenti in questa zona di mare. Qui i colori declinano in tutte le possibili variabili sul tema, persino il verde di alcuni arbusti fa capolino tra le dune di sabbia che dominano ovunque.

La barriera protegge la bassa laguna, la spiaggia è striata dalle impronte lasciate nella notte dalle tartarughe che sono emerse per scavare i loro nidi. Il sole infuocato lascia poco margine alle testuggini per garantirsi una progenie, poco dopo l’alba i raggi portano la temperatura della sabbia a più di quaranta gradi. Quando si schiuderanno le uova, i piccoli di tartaruga inizieranno una lotta senza quartiere per raggiungere il mare, uccelli, granchi e poi pesci, tutti cercheranno di garantirsi un facile pasto. Fra qualche decina d’anni, le femmine scampate all’eccidio torneranno su questa stessa isola per rincominciare il ciclo della vita.

E’ ora di rituffarsi nel blu verticale, e questa volta il blu è totale, non ho punti di riferimento, la barriera è lontana e invisibile, il fondo è circa settecento metri più in basso.

La luce del sole penetra in profondità, la visibilità è ottima, dall’abisso si avvicinano due sagome indistinte, curiose si fanno sempre più vicine. Una coppia di squali martello, sentinelle impavide, vengono a verificare questo strano soggetto coperto di gomma tubi e acciaio, quindi scompaiono inghiottiti nel blu. Pochi istanti e un intero branco di martello di una cinquantina di individui si avvicina, la formazione si apre a ventaglio e mi circonda, poi prosegue la sua marcia verso l’orizzonte indistinto. Ai margini dell’orda in caccia, sullo sfondo, appena percettibile, una sagoma scura che supera abbondantemente i quattro metri; lo spettatore sconosciuto si mantiene nell’ombra, nero grigio nel blu, tigre, longimanus, non lo saprò mai.

Per fortuna la corrente mi ha riportato a contatto con il reef, un candido anemone con l’immancabile pesce pagliaccio mi aiutano a riprendere la respirazione.

IN THE MIDDLE OF NOWHERE

 

(*) Il racconto di questo viaggio risale al periodo nel quale l’unica compagnia con la quale era possibile raggiungere il Sudan era La Sudan Airways. Ora la situazione è molto diversa.